Settimana della Cultura Classica
Comunicato stampa XV edizione
La Settimana della Cultura Classica è sicuramente uno degli eventi culturali di maggior importanza del Sebino. Promosso dalla collaborazione tra il Liceo Decio Celeri, il Comune di Lovere, l’Accademia Tadini, la Associazione Culturale Compagnia Teatrale Olive a pArte e il Cinema Teatro Crystal, il festival cerca di declinare i due aspetti fondamentali del rapporto scuola-teatro, ovvero portare il teatro nelle scuole e portare le scuole a teatro. Per questo motivo il festival si sviluppa su due livelli: nelle mattinate le scuole di Lovere e dintorni possono partecipare a spettacoli professionali di alto livello, pensati per essere specifici per l’età degli spettatori e legati quanto più possibile ai loro percorsi didattici; nelle serate invece si svolge il vero e proprio Festival del Teatro nella Scuola, in cui, sera dopo sera, si avvicendano sul palco del Teatro Crystal di Lovere scuole provenienti da tutta Italia.
La Settimana però non rimane chiusa nel teatro, ma coinvolge l’intera cittadinanza loverese con una mostra artistica organizzata dal Liceo Artistico Decio Celeri che quest’anno avrà luogo presso gli straordinari scenari delle splendide sale dell’Accademia Tadini e con la presentazione del libro: “Il nodo magico” di Cristina Dell’Acqua in collaborazione con la libreria Mondadori. Il legame tra il festival e il territorio è anche reso evidente dalla presenza di sponsor, tra cui principalmente il Comune di Rogno e il Comune di Costa Volpino, che contribuiscono alla realizzazione della Settimana. L’intera manifestazione avviene inoltre con il patrocinio di AGITA Teatro e in collaborazione con la Libreria Mondadori di Lovere e Area Archeologica Cavellas.
Tra gli spettacoli professionali a cui le scuole potranno partecipare ci sono: “Gli amori ridicoli”, portato in scena dagli studenti dell’Accademia del Dramma Antico di Siracusa, “Eredità di affetti” , ovvero un dialogo a due voci tra Lucilla Giagnoni e Marco Albertario, “Romeo e Giulietta ” di Stivalaccio teatro, “Eneide, generazioni” dell’Associazione Culturale Mitmacher e il dialogo riguardo la relazione tra discipline umanistiche e discipline scientifiche tra il professor Ivano Dionigi, ex rettore UniBo, e il professor Franco Locatelli, pediatra e presidente CSS.
Ciò che la Settimana offre, a differenza di molti altri festival teatrali, è la cura con cui vengono accompagnate le scuole ospiti. Infatti i giovani attori hanno la possibilità di esibirsi e di provare su un palco vero, seguiti da un tecnico professionista. Inoltre l’organizzazione offre loro, grazie alla preziosa collaborazione con l’Accademia Tadini, visite culturali di eccellenza.
Altra particolarità dell’evento è che da ormai 8 anni la comunicazione dello stesso è completamente gestita dagli studenti, sotto la guida della Compagnia Teatrale Olive a pArte. Il gruppo comunicazione gestisce le pagine sui principali social network (Facebook, Instagram, Youtube e Tiktok) , distribuisce il materiale cartaceo, produce i fogli di sala dei singoli spettacoli, presenta le serate e documenta ogni momento con foto e video. Da sei anni quest’attività viene riconosciuta dal polo liceale come attività di alternanza Scuola-Lavoro. Quest’anno partecipano al gruppo di comunicazione 29 ragazzi tra liceali ed universitari.
Come si può notare il centro del festival, sono gli studenti, siano essi spettatori, attori o organizzatori. Quest’anno, nella quindicesima edizione della Settimana della Cultura Classica, si avvicenderanno sul palco del Crystal diversi gruppi scolastici provenienti da tutta Italia tra i quali studenti provenienti dai poli liceali Decio Celeri di Lovere, Rossi di Massa e Calini di Brescia.
Il tema principale di questa edizione è “Poesia e follia”, proprio in quest’ottica l’indirizzo classico del Decio Celeri porterà in scena il dramma euripideo “Le Baccanti”.
In margine alla XV Settimana della cultura classica di Lovere.
Sotto un cielo movimentato, nella luce perlacea riflessa dalla placida superficie del lago d’Iseo, dopo un’edizione ridotta e un anno di forzata interruzione, si è conclusa a Lovere la XV Settimana della cultura classica.
Il 3 e il 4 maggio ho assistito alle ultime due giornate, cui seguirà un’appendice: una replica delle Baccanti in un sito archeologico di Cavellas, e una del Filottete, lavori ambedue prodotti dal liceo classico Celeri, culla dell’iniziativa voluta da Onelia Bardelli, storica insegnante del liceo, oggi ancora instancabile madrina dell’iniziativa cui ha dato origine quasi vent’anni fa.
Nel tempo, come mi spiega Laila Figaroli, ex studentessa del Celeri, operatrice teatrale laureata in Scienze dell’educazione, la connotazione riferita strettamente al mondo classico si è allargata, e nella Settimana, oltre agli esiti dei laboratori scolastici, cioè del Festival vero e proprio, figuravano anche produzioni professionali, come uno Shakespeare rivisitato dalla compagnia Stivalaccio, oltre a varie altre iniziative culturali di alto profilo. Ma anche l’accezione di “teatro classico” è andata dilatandosi, tant’è vero che fra i lavori delle scuola era presente Il pranzo francese, trasparente variazione del titolo di un famoso racconto di Karen Blixen, e del fortunato film omonimo a esso ispirato.
Prima di entrare nel merito dei due prodotti di teatro della scuola cui ho avuto modo di assistere, da citare Eredità di affetti, una felice lezione spettacolo, realizzata a quattro mani da Lucilla Giagnoni, attrice e intellettuale glaucopide, e da Marco Albertario, brillante direttore dell’accademia Tadini di Lovere. Il soggetto, la splendida stele Tadini del Canova, conservata in una cappella che si affaccia sul cortile dell’accademia omonima, che non solo è stata illustrata criticamente, con tutte le implicazioni afferenti alla storia locale, ma anche col corredo di brani di poeti e scrittori coevi, specialmente il Foscolo, ma anche di Pietro Giordani (affettuoso mentore del giovane Leopardi), proposti con passione da Lucilla, fascinosamente canoviana anche nel bianco drappeggio della mise.
Le scuole che partecipano al festival sono accolte non solo per le prove in teatro, ma hanno modo di esplorare la ricchezza culturale e la bellezza paesistica di Lovere e – elemento non secondario di socializzazione – consumano i pasti nella mensa allestita in un oratorio. Inoltre, per favorire un effettivo scambio culturale e umano, il regolamento prevede che ogni gruppo assista ad almeno uno spettacolo di un’altra scuola.
È curioso verificare come – e direi, per fortuna – anche la compassata severità dei contenuti classici è inserita in una cornice di cultura giovanile: allo spegnersi delle discrete luci di sala esplode un tripudio di luci di musica da discoteca, prima che due spigliati ragazzi presentandosi come ufficio stampa salgano sul palco del teatro Crystal e annuncino il contenuto della serata. Si scopre poi che la funzione di ufficio stampa è svolta da una ventina di studenti ed ex studenti del Celeri, che hanno lavorato incessantemente sui social, per garantire una nutrita presenza di pubblico, sia di giovani, sia di adulti, ad ogni giornata della manifestazione. Certo, nell’antica Grecia, l’arconte eponimo non disponeva di questi strumenti strategici per attirare gli spettatori degli agoni tragici.
Nel Pranzo francese, malgrado qualche ingenuità registica (non è semplice, per una ragazzina, essere una vecchia credibile), si apprezzano alcune idee gustose, come un rosso folletto che, a più riprese, attraversa con beffarda leggerezza la scena; o l’immagine del severo decano ormai defunto, inquadrata da una cornice retta da lui stesso, campeggiante durante la cena offerta in sua memoria, ma che danzerà con i commensali quando la delizie enogastronomiche ammannite da Babette (l’Amontillado, il Veuve Clicquot, il brodo di tartaruga e le cailles en sarcophage) avranno sciolto la contegnosa atmosfera iniziale. Meno condivisibile la scelta di inserimenti musicali, a volte addirittura invasivi, che hanno lo scopo dichiarato – opinabile, a mio sommesso modo di vedere – di avvicinare la storia ottocentesca all’odierna cultura giovanile, ma che coprono spesso la voce degli attori, rendendo problematica la comprensione delle loro battute. Di regola, la tragedia scelta dal liceo Celeri è la medesima che i ragazzi di quinta traducono e portano all’esame di maturità; il che crea un felice rapporto verticale fra le classi. Quest’anno la scelta era caduta sulle Baccanti, una delle opere più enigmatiche e feroci dell’intero corpus euripideo, ma quasi profetica, nello sguardo inquietante che sembra posare sulla nostra contemporaneità: sul contrasto fra i generi, sul femminismo, addirittura sul fenomeno del transgender, nelle sue diverse declinazioni, sia gioiose (Tiresia e Cadmo), sia goffe (Penteo); ma anche sugli effetti più atroci del fanatismo religioso. Una vera sfida, che gli studenti hanno affrontato e vinto.Intanto c’è il problema del coro, di ardua e non sempre felice soluzione anche per compagini professionali, qui risolto grazie all’energia collettiva del gruppo, e da una scelta di costumi, tanto lontana da un’improbabile imitazione del peplo classico, quanto da furbeschi ammiccamenti al contemporaneo: bluse e lunghe gonne nere cui fa contrasto un ampio drappo di un rosso rutilante. Fissato sul dorso all’altezza della vita, quel drappo ora avvolge le baccanti, ora volteggia nelle loro danze barbariche, spesso scandite dai ritmici colpi di un tamburo, percosso con forza in scena. Quel coro sa anche cantare, e non importa se sia davvero sempre intonato e a tempo, ma coerente con i furiosi modi espressivi delle invasate donne tebane. La regia di Laila non ha dedicato al coro maggior cura rispetto ai singoli personaggi, a volte prescindendo dalla loro identità sessuale (solo tre sono i maschi presenti in quella classe): è una ragazza a impersonare l’indovino Tiresia (che in questa tragedia appare travestito da donna, ma secondo il mito ha sperimentato ambedue i sessi); a Dioniso danno corpo due diverse interpreti: una di loro suona il flauto traverso, in duo con un’altra studentessa che, quando non è impegnata nel feroce ruolo di Agave, imbraccia il violino.E alla fine, dopo gli applausi, la gioia delle attrici e degli attori trabocca in un lungo scambio di abbracci, suggello del primo esito visibile del faticoso ma appassionante percorso creativo, compiuto insieme.
Claudio Facchinelli