Rassegna Internazionale del Teatro Classico Scolastico – Liceo Statale “Cagnazzi” Altamura
Teatro salvavita
di Loredana Perissinotto
Dopo il convegno “Il teatro classico: intersezioni tra humanities e scienza”, che ha inaugurato la 25.ma edizione della Rassegna Internazionale del Teatro Classico Scolastico, organizzata dal liceo Cagnazzi di Altamura, incontro Alessandro Fiorella, regista e operatore di teatro della scuola. Al workshop pomeridiano, a cui ho partecipato con Onelia Bardelli per Agita, vi è stata sintonia di vedute con Alessandro, per coinvolgere in modo attivo il pubblico formato soprattutto da liceali.
Da parte sua, aveva preparato una performance dal titolo “Il gioco vivo per sfondare le tenebre”; così che coi suoi giovani attori ha bendato i presenti, li ha accompagnati in altra sala, dove le sedie erano disposte in cerchio. Spiazzamento accettato, mentre il silenzio si animava via via di suoni, musiche e canto dal vivo, di frasi sussurrate all’orecchio e frammenti di battute teatrali consonanti, lanciate dagli attori in effetto stereo. Alla fine dell’azione, il dialogo tra attori e spettatori, lo scambio di emozioni, immagini, pensieri… Coinvolgere, fare esperienza attiva e poi rifletterci insieme.
Nei giorni successivi, ho assistito agli spettacoli presentati dai licei di Ostuni e di Altamura, dove Alessandro lavora. Mi ha colpito, oltre al livello artistico, la coesione e l’energia del gioco di squadra (numerosa per presenze di studenti) in cui, secondo me, si poteva leggere la dialettica di una pedagogia del fare “con” (preposizione importante); vale a dire del percorso laboratoriale e dello spettacolo quale risultato di un procedere insieme. Per questo gli ho chiesto di scrivere il suo punto di vista sul senso dell’incontro col teatro da parte dei giovani, oggi come oggi. Vi è una parola chiave nel suo scritto che mi piace molto: salvavita… una grande opportunità per il giovane che pratica il teatro, quindi, ma anche per l’adulto che rende possibile questa esperienza, superando tante difficoltà!
Ecco il testo di Alessandro Fiorella:
“Come per un fiore appena colto, fresco di partecipazione alla xxv rassegna internazionale del Cagnazzi di Altamura, sono desideroso di trasmettere il profumo dell’esperienza, dopo aver condiviso con Loredana Perissinotto, una certa vicinanza di idee e di vedute. Devo dire che come Presidente di giuria questa donna, raffinata battagliera, è stata in grado di risvegliare un evento senza dubbio notevole, ma ripiegato sulle sue forme. In una intensa settimana ha insegnato a tutti noi che in alcuni paesi il teatro si celebra nell’indifferenza e in altri può costare la vita a chi lo fa. Al contrario, nelle nostre comunità scolastiche può essere un salvavita soprattutto per chi lo pratica. L’adolescente che si affaccia alla scuola superiore è agguerrito, carico di voglia di trasgressione, smanioso di far saltare le procedure tradizionali e le convenzioni a vantaggio della sua crescita emozionale. Quando varca la soglia del laboratorio teatrale, deve capovolgere il suo approccio alle cose ed imparare i principi generali delle composizioni: disciplina e regole. Poi scoprirà, giorno per giorno, che solo dopo aver interiorizzato i precetti si possono studiare i molti modi per infrangere le regole.
Un laboratorio di teatro a scuola è tante cose. Sappiamo sicuramente cosa non è il teatro a scuola! Per intenderci fin da subito, non è una accademia per attori. Qualcuno, pur tuttavia, intraprenderà quella straordinaria strada tortuosa, imparando che il massimo livello di maestria si raggiunge quando si riesce a creare una legge non “prima”, ma “durante”, nel momento vivo della performance. Il teatro fatto a scuola deve essere per sua natura gravido di innumerevoli suggerimenti: è sostanza di cui sono fatti i sogni, è nuvola di risvegli per svelarli, è capacità di ascolto, concentrazione, apertura, condivisione, relazione, immedesimazione, contact, consapevolezza.
Insegna dunque, non a diventare attori, ma a diventare uomini e a sviluppare il senso di verità. Suggerisce di imparare a saper aspettare “attivamente”, accettando che la creazione prenda forma fino al suo più alto livello di autenticità ed espressività. Potrebbe essere un monito per tutti gli artisti che oggi, producono troppo in fretta. Jodorowsky dice che l’uomo moderno va a teatro perché ha bisogno di un rito, avendo perduto il contatto con Dio. La gente che vuole affrontarsi e confrontarsi va a teatro perché ha dissertato la messa. Forse vale anche per gli adolescenti. Forse vivono ancora il teatro come un grande cerimoniale in cui attori e pubblico cercano i più alti valori?
Chiaro che per abbandonarsi a se stessi ed amare ciò che si presenta come un abbaglio c’è bisogno di fede. La fede è nella pancia. Quindi è necessario usare un linguaggio non verbale, così che il corpo possa parlare attraverso le invocazioni delle sue emozioni, accanto alla voce. La non- spontaneità e la non-intimità diventano nemici ed entrano in conflitto con i propri pari o con il pubblico che colgono questi messaggi come snaturate costruzioni. Qualcuno dice che il teatro conserva la sua natura di narcisismo e che quindi non è educativo. Ma il fine del gioco drammatico non è solo quello di esporsi ma di incontrare gli altri. Nella mia esperienza non c’è nulla di più edificante. I gruppi teatrali che hanno condiviso un cammino comune rimarranno indivisi per sempre. Che nessuno separi ciò che Dio ha unito come atto creativo. E il teatro è un atto d’amore.
Quando un attore mi chiede se ha talento, rispondo se pensa di avere tenacia e coscienza. Il talento bacia molti, la determinazione e la consapevolezza accarezzano pochi resilienti.
giugno 2019