MARIANO DOLCI

“Dialogo sul trasferimento del burattino in educazione”
a cura di Vito Minoia
Edizioni Nuove Catarsi, Urbino, 2009,
pag. 288, € 20,00.

Dialogo sul trasferimento del burattino in educazione

Da tempo burattini e marionette non s’incontrano esclusivamente nei luoghi di spettacolo ma anche in diversi contesti quali scuole, ospedali, centri diurni, carceri, per finalità non prettamente spettacolari. Numerosi insegnanti, animatori, psicologi e medici si interessano alle loro proprietà. Questo primo volume di Mariano Dolci, in dialogo con Vito Minoia, è dedicato alle utilizzazioni nel mondo dell’educazione (un secondo volume, di prossima pubblicazione, sarà dedicato alle applicazioni nei luoghi di cura e nel sociale).
Quanto esposto nel testo è frutto di una lunga esperienza personale a contatto diretto con bambini ed educatori, principalmente nelle scuole di Reggio Emilia.

Una condizione per utilizzazioni non superficiali del burattino e della marionetta è individuata nel rifiuto dell’immagine ridicolmente riduttiva e banale che la nostra cultura comune ha del burattino, un’immagine forzatamente legata all’infanzia e quindi di segno“minore”. Immagine tenace che ignora le realizzazioni di qualità prodotte sia all’interno dei superstiti generi tradizionali, sia dalle ricerche moderne e contemporanee.
I burattini, così amputati delle loro origini, della loro storia, in breve della loro reale identità, una volta trasferiti in altri ambiti non possono produrre risultati che non siano superficiali. Come affermava il pedagogista Loris Malaguzzi: “In educazione i burattini hanno offerto molto poco poiché a loro è stato richiesto troppo poco”.
L’insistenza con cui viene tratteggiata l’identità della maschera, del burattino, della marionetta si giustifica con la convinzione che gli strumenti, le tecniche, i materiali e i procedimenti non siano componenti neutri ma che attivamente esercitino influenze sul processo creativo (particolarmente nei bambini e nei grandi artisti). Riguardo a questa problematica, il testo presenta un originale e inedito tentativo di ordinare e di teorizzare le diverse influenze esercitate da ogni singola tecnica di animazione sull’espressione di chi se ne serve.
I burattini, pur dotati di grandi potenzialità espressive in mano agli educatori interessati all’ascolto dei bambini e a consegnare un linguaggio a loro particolarmente congeniale, sono pur sempre soltanto degli oggetti. Sono dunque suscettibili di essere distorti, strumentalizzati e banalizzati in vario modo. Oltre dunque a dichiarare una sua immagine di burattino il testo dichiara anche a quale immagine di scuola e di bambino intende riferirsi. Una immagine di bambino competente fin dalla nascita, predisposto all’esplorazione e alla scoperta del mondo esterno. Un bambino da subito disponibile ad entrare in relazione, attraverso tutti i canali espressivi con gli altri e con il mondo. Nei capitoli finali vengono esaminate le possibili relazioni nella scuola tra il teatro di animazione ed i bambini sia in quanto spettatori di spettacoli che creatori in giochi di finzione.

Mariano Dolci

Mariano Dolci ha abbandonato gli studi e l’insegnamento negli anni ’60 per unirsi alla Compagnia della famiglia Sarzi, burattinai da generazioni. Dopo qualche anno di professionismo è stato assunto dal Comune di Reggio Emilia (1971) per sperimentare e diffondere le potenzialità pedagogiche dei burattini e delle marionette nelle istituzioni della prima infanzia, dirigendo il “Laboratorio di animazione” (ora “G. Rodari”) per più di trenta anni. Nel contempo ha condotto dal 1973 una attività con i burattini tra i ricoverati dell’Ospedale Psichiatrico “San Lazzaro” e, dopo il dissolvimento dell’istituto, in vari Centri Diurni. In pensione dal 2002, ha continuato ad operare con i burattini nelle scuole, nei centri diurni, nei musei, nelle carceri e ha ripreso ad allestire spettacoli.

Vito Minoia

Vito Minoia insegna teatro di animazione alla Facoltà di scienze della formazione dell’Università degli studi di Urbino “Carlo Bo”. Si interessa allo studio dei rapporti tra teatro ed educazione con ricerche nel campo del teatro di interazione sociale, pubblicando alcuni volumi sull’argomento. Autore teatrale e regista, ha fondato nel 1990 il Centro teatrale universitario Aenigma a Urbino, dove dirige dal 1996 con Emilio Pozzi la Rivista europea Catarsi-Teatri delle diversità.
Per questa pubblicazione ha scelto la forma del Dialogo, riconducibile al desiderio di far emergere dallo scambio di idee, un’esperienza unica sia dal punto di vista umano che da quello della ricerca espressiva e pedagogica: quella di Mariano Dolci.

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