Intervista a Giovanna Alagna, referente dello spettacolo Il riccio e la pesca, di Marsala
Come si è sviluppato il progetto del vostro spettacolo?
È nato come uno spazio laboratoriale aperto agli alunni un po’ difficili. Ognuno dei partecipanti raccontava esperienze legate al vissuto con il mare, e alcuni dei ragazzi lavoravano con il madre. Vanno a pescare alle quattro di mattina, tornano a casa a farsi la doccia e alle otto sono a scuola. Uno, in particolare, vende i ricci.
A mano a mano che loro raccontavano, improvvisavamo drammatizzazioni, esplorando i corpo, lo spazio, le emozioni, e tutti scoprivamo dei nuovi vissuti legati al mare, e soprattutto alla vita. Riscoprivamo la nostra cultura e arriviamo, un poco alla volta, al riccio. È una storia vera questo spettacolo; parla dei ragazzi, di tutto quello che hanno dentro, ma che non è semplice vedere, sentire da fuori, proprio come il riccio.
Come mai hai deciso di partecipare a Marinando?
Avevamo partecipato due anni fa. La trovo davvero un’esperienza piena di tante cose: stimoli, incontri, condivisioni, scoperte di appartenenze lontane e vicine. Pensavo che per i miei ricci potesse essere davvero una grande occasione di crescita e scoperta. Un’occasione per affrontare paure, incertezze, e per incontrare la vita. Che possibilità!
Lei che materia insegna?
Io sono la psicologa della scuola, che lavora anche attraverso la drammatizzazione, riconoscendone il valore terapeutico ed espressivo. Corpo ed emozione in azione e movimento per acquisire spazio vitale e consapevolezza,
Cosa avete fatto quando avete saputo che sareste arrivati in finale?
Abbiamo gioito, soprattutto io, che conoscevo la grandezza umana di questa esperienza e la chance che i miei ricci, lottando contro la chiusura, si erano guadagnati, Grazie a Marinando e a tutte le persone speciali che pensano, lavorano ed operano.
Viva i ragazzi, viva il teatro. Cresciamo come un’onda del mare che tutto abbraccia e tutto trasforma.
A cura di Chiara Limardi, prima classe, “Media Vann”, di Viterbo