Intorno alla voce ci sono idee storicamente determinate e socialmente codificate. Impariamo ad usare la voce in un contesto in cui non solo sono già presenti quelle regole speciali che sono il sistema di segni sonori costituiti dalla lingua materna, ma anche ci si insegna una sorta di galateo d’uso della voce: dove si può alzare e dove no, dove non usarla del tutto, come non utilizzarla in certe possibilità,ecc. ecc. C’è poi il peso che in un contesto culturale ha la voce in quanto tale, l’idea generale che ce ne facciamo. Tutto l’insieme conveniamo, provvisoriamente, di connotarlo sotto il titolo antropologia della voce.
Il tema si porta dietro quello, in parte collegato, di una genetica della voce, così importante per un educatore. Come s’impara ad usare la voce da bambini, anche molto piccoli? Cosa si porta dietro questa esperienza in termini di eventuali difficoltà d’apprendimento linguistico? Insomma, in che relazione potrà essere la lingua detta ( e quindi con voce incorporata) con la lingua scritta e ammutolita che è così grande e addirittura cura esclusiva, certe volte, della nostra scuola. C’è infine la questione attualissima che è quella di capire cosa succede della voce in presenza di tecnologie di conservazione (disco, registratore), trasmissione (telefono, radio) e amplificazione (casse, microfoni, amplificatore) della medesima. (GT)