La regia teatrale si afferma in Europa alla fine dell’Ottocento (Appia, Graig, Stanislavskij, Meyerhold sono tra i protagonisti a cavallo del secolo) e segna un diverso atteggiamento di fronte al testo teatrale e alla messa in scena dello spettacolo. La regia nasce come esigenza di lettura del sotto-testo (vedi), alla ricerca dei suoi significati nascosti e, non diversamente dalle spinte che provengono dalle arti visive del tempo, sarà la mente dello spettatore il luogo di sintesi dello spettacolo teatrale, come lo è il quadro che non si esaurisce nell’esecuzione di forme e colori dell’artista, ma vive nell’incontro con l’osservatore/visitatore. In Italia, la regia fa la sua comparsa un po’ più tardi e la parola, legittimata nel 1932 dal filologo Bruno Migliorini, è un neologismo connesso a régie e régisseur , ma nel significato assunto da questi termini in area di lingua tedesca. Il regista, che rimpiazza le tradizionali figure del capocomico e del direttore/imprenditore di compagnia, diventa così l’interprete e il coordinatore di quell’insieme di elementi – dalla scenografia alle luci, dalla musica alla recitazione, ai costumi, ecc. – che si combinano nella comunicazione spettacolare. La creazione collettiva che caratterizza la ricerca teatrale degli anni Settanta, rifiuta la figura del regista ( specie demiurgica), per affermare la dimensione propositiva e creativa di tutti i componenti di un gruppo o insieme teatrale. (LP)