La maschera è nello stesso tempo oggetto, simbolo e segno: mette quindi in discussione i confini tra reale, immaginario e simbolico. La maschera è un oggetto che risponde alla precisa funzione di essere usata, ovvero indossata. Forma, dimensioni e materiali della maschera sono dunque dipendenti dall’uso cui è destinata e dal luogo e dal periodo storico nella quale è realizzata. I materiali per lo più utilizzati sono: garza, garza gessata, tela, cera, legno, gesso, cuoio, cartapesta, e più di recente lattice, resine, ecc.; le superfici possono essere più o meno dipinte. La maschera è simbolo perché trascende la realtà immediatamente percepibile. La maschera è segno perché contemporaneamente opaca e trasparente. La maschera è segno sul volto dell’attore. Cosa e segno insieme, poiché può celare la cosa che svela come segno. La maschera è, infatti, come un velo che nasconde per rivelare. Romeo e Giulietta si svelano perché non si conoscono al ballo mascherato dei Capuleti. La maschera evoca la categoria del doppio, come l’ombra o il ritratto, e quella dell’incognito perché sostituisce un volto con un altro. E’ facile da realizzare a qualsiasi età e con la maschera accadono cose tali da poter diventare perno pedagogico con allievi di qualsiasi età, come osserva Jacques Lecoq a proposito della maschera neutra.

 

Storia

Sembra che l’uso della maschera abbia origine in epoca preistorica e dal paleolitico superiore esistono testimonianze di forme di mascheramento. Ancora non è chiaro se mascherarsi serviva a coprirsi per difendersi o nascondere la propria natura per identificarsi con le forze soprannaturali e con la divinità. Per mascherarsi era sufficiente dipingersi il volto con la terra. La maschera mortuaria pare nascere, invece, dal desiderio di conservare l’integrità della persona attraverso i tratti del volto (culture Egizia e Micenea). In molte società arcaiche è utilizzata dai giovani nel periodo dell’iniziazione poiché, quando ci si spoglia della propria condizione infantile o adolescenziale, si resta senza nome. Il rito di passaggio implica infatti l’imposizione di un nuovo nome che indicherà l’integrazione nella società degli adulti. La maschera allora sta a sottolineare che nel passaggio da una condizione ad un’altra c’è stata la trasmissione dei segreti: sancisce quindi la complicità con i nuovi pari. Fu utilizzata nell’area del bacino mediterraneo con scopi magico-rituali; dal rito al teatro antico, attraverso le processioni dionisiache, il passo è breve e ripreso da Tespi che, nel VI secolo a.C., realizzò, secondo la leggenda, la prima maschera di biacca e poi di tela stuccata. Frinicio (VI-V sec. a.C.) fu il primo a distinguere le maschere maschili, dipinte di nero, da quelle femminili, dipinte di bianco. Eschilo introdusse, probabilmente, la maschera tragica e la policromia. Le maschere greche e romane coprivano l’intera testa dell’attore e non solamente il volto. Anche la maschera comica e grottesca raggiunse forte intensità espressiva. Il teatro romano accentuò la componente spettacolare della maschera che si ritrova nei Fescennini, nelle Atellanae e nelle Pantomime con aspetto orripilante e fattezze deformi. Sono state riscontrate analogie tra le maschere e le tipologie dei personaggi delle fabulae atellanae e quelle della Commedia dell’arte, anche se non tutti concordano in una reale continuità. La maschera continuerà ad essere utilizzata, nonostante i ripetuti divieti, durante tutto il Medio Evo soprattutto nelle “feste dei pazzi”, dette pure degli innocenti o dei bambini, che si svolgevano tra Natale e l’Epifania in quasi tutti i paesi europei. In quel periodo si dava vita ad un mondo alla rovescia dove tutti, religiosi compresi, con i volti mascherati si scambiavano i vestiti travestendosi gli uomini da donna e viceversa. Anche negli spettacoli religiosi – Natività, Passione, Resurrezione – allestiti nelle chiese o sui sagrati, veniva usata la maschera. Inoltre, l’uso della maschera oltrepassa i confini della festa e del teatro e dilaga nella vita sociale: ne fanno uso i boia, i membri delle società segrete, i componenti del Tribunale dell’Inquisizione. L’”andare in maschera” si diffuse nel Rinascimento in ogni manifestazione della vita sociale e culturale in tutta Europa. Nelle rappresentazioni teatrali di tipo fantastico, allegorico e comico mascherati sono gli attori come mascherato è il pubblico. Con la Commedia dell’arte si preferisce l’uso della mezza maschera o Lupus che lascia scoperti naso e mento. Altre maschere coprono soltanto naso e guance. Nella Commedia dell’arte convivono attori mascherati e attori a volto scoperto, a seconda dei ruoli. Verso la metà del ‘700 con Goldoni, per il teatro, e Noverre, per la danza, viene scelta una forma di teatro che rinuncia alla maschera per offrire una interpretazione più naturalistica. Nel ‘900 riprende l’interesse teatrale per la maschera sia per il valore pedagogico che le viene accordato sia per l’interesse verso le forme d’arte orientali. Ne è un esempio il Teatro del Nô. L’uso della maschera in Giappone pare risalire al periodo Narà (710-794) e attraversare gli spettacoli Gagaku e Bugaku (danze di corte e religiose) e le pantomime comiche per approdare, sotto lo Shogunato degli Ashicaga (1392-1603) al Teatro del Nô. In questo viaggio, la maschera, che inizialmente esprimeva in modo esagerato sentimenti, caratteri e stati d’animo, va verso l’attenuazione dei caratteri somatici esasperati e del grottesco fino a proporre una sorta di maschera neutra. La maschera neutra, utilizzata da Jacques Lecoq, non ha una fisionomia definita ed acquista espressione a seconda dei movimenti della testa, dei gesti, della postura del corpo, della inclinazione del capo, della incidenza della luce. Per lo stato neutro che suggerisce diventa il punto di partenza dell’azione dell’attore. Tra le maschere espressive si ritrovano quelle larvali, quelle di carattere, quelle utilitarie. Utilizzare una maschera espressiva permette di impegnare l’intero corpo e di provare emozioni intense; fa apparire le grandi linee del personaggio. Una buona maschera teatrale cambia espressione seguendo i movimenti del corpo. (MDR)