Va ricordato il ruolo avuto dall’Animazione teatrale degli anni settanta nella trasformazione della drammatizzazione. Nell’accentuare la parte finale della parola (azione) si vuole esprimere un vero e proprio manifesto di poetica teatrale basato, al di là dell’adattamento del testo, sulla suainvenzione (testi attenti al vissuto infantile e adolescenziale tra realtà e fantasia) e sullacomunicazione immediata.
Nel rispondere ad un bisogno di creatività, l’animazione inserisce nella drammatizzazione il concetto allargato di “testo ispiratore”, attingendo i suoi stimoli/proposte in altri campi (immagini, foto, suoni, colori, materiali). Inventare e scrivere storie come primo passo del “fare teatro” : il proprio.
La caratteristica “nar/ attiva“, non necessariamente consequenziale di questi testi, può forse spiegare il perché del passaggio diretto alla “scrittura scenica”, allo sviluppo cioè della partitura d’azioni, dialoghi, movimenti da fissare successivamente e volendo, in un copione. Nell’attività ludica, di libera espressione e creazione da realizzare a scuola o nell’extrascuola, si dà largo spazio all’improvvisazione, che diventa una modalità di svolgimento sia del lavoro più articolato che del semplice gioco.
Questa dinamica – proposta/invenzione/azione – sottolinea, di fatto, la valenza propedeutica, parateatrale di questa prassi. Pur tuttavia l’animazione cavalca, non senza ambiguità, la scelta di portare la “sua” drammatizzazione all’esterno, verso un pubblico. Il “teatro spontaneo” come flash espressivo, frammento o studio, azione di strada, happening; ma anche “teatro dei e coi ragazzi”, quando riorganizza il processo creativo in un evento teatrale o in uno spettacolo . (LP)