Questa forma di spettacolo antica e magica – intrattenimento dell’aristocrazia come delle classi sociali basse, del salotto e della piazza; del testo colto e del fatto di cronaca; vivace nell’Ottocento ed anche nel primo Novecento prima di venir soppiantata dalla radio e dal cinema – racchiude una storia molto appassionante e ricca di risvolti artistico-tecnici quale linguaggio di genere. Indipendentemente da tutto questo, ha del curioso il fatto che venga ripetutamente indicato nei programmi scolastici quale approccio teatrale più confacente all’infanzia. Ci sembra che l’attenzione del pedagogo verso questo genere teatrale colga, e si fermi, soprattutto sugli aspetti manipolativi, tecnici e di costruzione, che sono davvero molteplici, sottovalutandone però i codici espressivi e la drammaturgia. Il gioco proiettivo o fantastico del bambino col burattino appartiene a un’esperienza “intima”, personale anche se si svolge in classe e per diventare comunicazione teatrale necessita di altre conoscenze. Una definizione più attenta agli sviluppi della ricerca contemporanea è “teatro di figura” (vedi), che comprende sì il teatro dei burattini, delle marionette, delle ombre, ma anche il “teatro degli oggetti”. Il teatro professionale per l’infanzia e la gioventù ha elaborato un’interessante ed innovativa poetica a riguardo.