FASE 2
Il tempo delle parole
Ci siamo. Il momento sta per arrivare.
Da settimane ne sentiamo parlare, l’abbiamo immaginata, assaporata quasi, in una lunga gestazione, che a tratti ha assunto l’aspetto di una “gravidanza a rischio”.
Diciamo la verità: non siamo stati sereni, con la paura e la precarietà a farci da compagni.
Siamo davvero pronti a farla nascere?
Un parto frettoloso potrebbe pregiudicare qualcosa, presentare delle complicazioni. Meglio evitare.
La domanda che dobbiamo porci è sicuramente che mondo troverà, la fase 2.
Siamo davvero cambiati, e in meglio? O più semplicemente questa lunga quarantena ha accentuato quelli che sono già tratti caratteriali, e quindi chi era buono ora è più buono, e chi se ne fregava continuerà a farlo?
Io credo che sia necessario ribaltare la nostra visione delle cose e del mondo. Il mondo come lo conoscevamo non c’è più, e sarà così per lungo tempo.
La globalizzazione ci ha abituati a ragionare in termini planetari. Tutto vicino, afferrabile, è stato a disposizione di tutti, o quasi.
Il virus ha riportato le distanze. Metri di distanza, addirittura.
La visione ora deve restringersi: dall’universale al particolare. Dal globale al locale.
Bisogna tornare a ragionare per piccoli contesti. E applicare, nei modi e tempi giusti, il principio di sussidiarietà: in senso orizzontale (l’aiuto silenzioso al vicino di casa, il “panaro solidale” appeso nel vicolo) per estenderlo in senso verticale (Comune, Regione, Stato).
L’emergenza ha mostrato quanto diverse siano le realtà nelle regioni italiane: e questa riflessione non riguarda le polemiche politiche (da governatore io ce l’ho più grosso, il potere) o i pregiudizi (chi lavora meno e chi più); né ancorché è inficiata dai pareri di rimbecilliti a cui viene data parola in tv.
Che questa differenza esista è un dato oggettivo: dipende da variabili geografiche (che comprendono clima, territorio, densità abitativa), da variabili culturali e caratteriali antropologicamente radicate.
È però purtroppo un dato soggettivo considerare questa differenza una risorsa, un valore aggiunto, l’elemento che fa la differenza. Che distingue ed unisce.
Attese le istanze e i bisogni della Carne (ma ancora troppe persone oggi sono al di sotto della soglia di sopravvivenza), si dovrà pur pensare ai bisogni dello Spirito. Che non è Santo, e perciò ha le sue regole. Ha fame come il corpo, e va nutrito.
Allora, oltre a pensare alla ripartenza delle attività produttive, necessarie alla sopravvivenza dell’economia dello Stato (e per questo assai attinenti alla Carne), tenendo conto anche delle istanze dell’Ambiente (l’unico che ha giovato di questa quarantena), è assolutamente necessario pensare allo Spirito, al morale delle persone, duramente messo alla prova. È necessario pensare ai bambini e agli adolescenti. Colmare il vuoto interiore della solitudine, aiutare le persone a elaborare, a raccontare e a raccontarsi.
Bisogna lavorare su una Socialità che è stata bruscamente interrotta, lavorare sul senso di Comunità, di Appartenenza.
Mi piace pensare, o forse ne ho bisogno, a questa fase 2 come a un nuovo Rinascimento, che attraverso la Bellezza possa dare nuovo impulso alle arti, e lenire gli affanni e le preoccupazioni dell’animo.
E mi piace pensare a un nuovo Risorgimento, che ci faccia sentire parte della nostra Comunità e orgogliosi di appartenere a una Nazione.
Bisogna fare appello alla responsabilità personale. È necessario il contributo di tutti. Ma è altresì necessario un coordinamento forte, in cui ciascuno non si senta “uno”, ma parte di un gruppo solidale, coeso, che lavora, cresce e cambia insieme.
Siamo a un passo. La Fase 2 sta per nascere. Accogliamola con gioia, come un lieto evento, ma trattiamola con precauzione, come faremmo con un infante.
Benvenuta Fase 2. Lavoriamo per farla crescere.